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La Malattia di Parkinson

Neuropsicologia

Alla parola Parkinson vengono spesso associati volti noti come quello del protagonista del film Ritorno al Futuro, l’attore M. J. Fox, o di Papa Wojtyla, i quali con la loro immagine pubblica hanno fatto conoscere al mondo i segni invalidanti della malattia


Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente il controllo dei movimenti e dell’equilibrio.
Le persone colpite presentano tremore, sensazione di rigidità muscolare e lentezza nei movimenti. Le cure ad oggi non sono risolutive ma permettono, nella maggior parte dei casi, una buona gestione dei sintomi motori.

La malattia colpisce ad un’età media di 55 anni. È più comune sopra i 60 anni ma un crescente numero di casi definiti di “Parkinson giovanile“ vengono diagnosticati anche intorno ai 40 anni o al di sotto. Sebbene le manifestazioni cliniche siano le medesime nelle varie fasce di età, le persone più giovani si trovano a fronteggiare problemi differenti, in quanto convivendo con la malattia più precocemente e per un periodo di tempo più lungo, devono confrontarsi con i problemi legati alla gestione finanziaria, alle responsabilità familiari ed alle ripercussioni sulla loro vita professionale e relazionale.


Problemi di controllo dei movimenti e dell’equilibrio?

Potrebbe essere la malattia
di Parkinson


  • Quali sono le reazioni psicologiche alla diagnosi di Malattia di Parkinson?
  • Come farsi aiutare?
Quali sono le reazioni psicologiche alla diagnosi di Malattia di Parkinson?

La cura è stata per lungo tempo esclusivamente incentrata sul trattamento farmacologico, trascurando gli aspetti psichici correlati alla malattia. Solo recentemente, grazie al miglioramento delle terapie antiparkinson e ad una visione della cura sempre più centrata sulla persona, si è cominciato a dare più attenzione a quelle che sono le risposte psicologiche rispetto ad un evento così stressante come ricevere una diagnosi di malattia a carattere progressivo.

I dati scientifici evidenziano che le problematiche psicologiche sono presenti in modo considerevole nei pazienti con malattia di Parkinson e, se non diagnosticate e adeguatamente trattate, possono avere importanti ricadute sia sul funzionamento cognitivo, sia sulla qualità della vita della persona.

Le reazioni psicologiche più frequenti sono rappresentate da depressione, ansia e attacchi di panico. Si manifestano maggiormente nelle fasi iniziali e avanzate della malattia ma, in alcuni casi, la depressione può anche precedere la comparsa dei sintomi motori.

Il vissuto viene spesso raccontato dai pazienti come “la convivenza con uno sgradevole inquilino con cui ci si trova costretti a vivere”. Improvvisamente la persona deve imparare a fare i conti quotidianamente con le fluttuazioni motorie, gli effetti di fine dose dei farmaci e con quelle giornate in cui la malattia è capace di provocare una stanchezza ed una spossatezza tale da ostacolare qualsiasi attività programmata. L’ingresso della malattia nella vita della persona è totalizzante, interviene a modificare in modo progressivo ruoli e abitudini all’interno della vita familiare, sociale e professionale.

Per fronteggiare una situazione così stressante l’individuo ricorre alle proprie difese psicologiche che, sebbene utili per gestire l’angoscia in una fase iniziale, se non adattate durante il percorso di malattia, possono rivelarsi disfunzionali nel lungo periodo. Pensiamo, per esempio, a chi reagisce spostando il focus dell’attenzione totalmente sul suo ‘stato di malato’ trascurando progressivamente i suoi interessi precedenti, o chi all’esatto opposto, continua a condurre la sua vita ignorando la diagnosi e nascondendo i sintomi agli altri. Con il passare del tempo entrambi i comportamenti, se non modificati, potrebbero avere ripercussioni importanti sulla qualità di vita della persona e sulla gestione globale della malattia.

La comunicazione di una diagnosi di malattia ha le caratteristiche di uno shock da trauma, causa nella persona stress emotivo e disagio psichico. L’uomo si percepisce come unità inviolabile ed in generale si ritiene come fosse invulnerabile. L’impatto con la malattia è la violazione di questa fantasia di perfetta integrità-invincibilità e impone il passaggio dall’essere “sani” all’essere “malati” (situazione di incertezza, minaccia di vita, cambiamenti di ruolo). La reazione psicologica è simile al processo di elaborazione del lutto per la perdita di molti aspetti della rappresentazione di sé precedenti alla malattia.

In virtù di quanto descritto è di primaria importanza promuovere interventi sulla persona che tengano conto non solo dei cambiamenti che si presentano a livello motorio ma che includano nel percorso di cura anche le problematiche che interessano la sfera psichica. A tal proposito risulta necessario proporre percorsi psicologici individuali e di gruppo mirati alla consulenza, al sostegno e alla terapia della sofferenza psichica correlata a questo articolato percorso di malattia.

Come farsi aiutare?
  • Interventi psicologici: la consulenza di uno psicologo può essere utile nelle fasi iniziali della malattia quando la persona deve far fronte alla diagnosi ed ai relativi cambiamenti nella vita personale, o nelle fasi successive, qualora la persona presenti difficoltà di adattamento ai cambiamenti imposti dalla malattia. L’intervento prevede un ciclo di incontri volti a supportare la persona nel riacquistare benessere ed equilibrio emotivo, elaborare prospettive chiare per il futuro, promuovere l’adattamento a situazioni non abituali ed il mantenimento di una qualità di vita adeguata alla situazione.
  • Supporto psicologico e orientamento ai familiari: la convivenza con la malattia di Parkinson richiede anche alla famiglia una capacità di adattamento continua in relazione all’evoluzione della malattia. Una corretta informazione sulle caratteristiche della patologia unitamente al supporto psicologico rivestono grande importanza per una buona gestione della malattia all’interno della coppia e della famiglia.
  • Associazioni di pazienti: rappresentano una realtà presente sul territorio e costituiscono un supporto concreto per pazienti e familiari dal punto di vista informativo e psicosociale. Offrono, inoltre, uno spazio ‘protetto’ di confronto e condivisione dei vissuti e delle strategie per affrontare la malattia.

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