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Come fanno studenti e giovani lavoratori ad essere sicuri di rendere al massimo?
Molto spesso, per aumentare la performance in queste situazioni bevono caffè e bevande energetiche considerate sostanze dagli ‘effetti risveglianti’, mentre chi cerca il “cibo per il cervello” spesso mangia qualcosa di dolce.
Per molte persone la caffeina e/o il glucosio sono aspetti piacevoli ed essenziali della vita di tutti i giorni. Tuttavia, questi nutrienti possono veramente aumentare la performance cognitiva? Hanno solamente degli effetti psicologici? O non ci sono proprio effetti?




La caffeina è lo stimolante più utilizzato al mondo. La possiamo trovare nel caffè, nel tè, nelle bevande energetiche e in molte bibite gasate. Dopo averla assunta, la caffeina viene rapidamente assorbita, e dopo 30-60 minuti raggiunge i suoi livelli massimi di concentrazione. Rimane nel nostro corpo per 3 ore circa (per alcuni molto di più, per altri di meno). Quando la caffeina arriva nel cervello non trova barriere ed entra liberamente in circolo impedendo all’adenosina (un neurotrasmettitore) di funzionare correttamente, causando una lieve dilatazione dei vasi sanguigni e aumentando quindi la pressione, il ritmo del metabolismo e la produzione di urina. In più, assistiamo anche ad un incremento dell’attenzione e alla riduzione della fatica che portano ad una migliore performance.

Il glucosio invece può essere presente in molti cibi che mangiamo, specialmente in quelli dolci. E’ la maggiore fonte di energia per il nostro cervello ed è essenziale per il normale funzionamento del sistema nervoso centrale. Il cervello rilascia costantemente glucosio nel sangue, perché non ha molto spazio per conservarlo. I ricercatori hanno confermato in passato che il glucosio aumenta l’attenzione, la velocità di processamento delle informazioni e la memoria di lavoro (ovvero la capacità di compiere più operazioni mentali nello stesso momento).




In uno studio condotto nel 2015 da un gruppo di ricercatori in Germania, si è voluto verificare se la caffeina e il glucosio aumentano davvero le funzioni cognitive, comparandole con l’effetto placebo.
Ai soggetti a cui veniva somministrata la caffeina veniva dato del caffè decaffeinato, al quale veniva aggiunto una dose controllata di caffeina.
Per i soggetti a cui veniva somministrato il glucosio, veniva offerta una bevanda molto zuccherata e del caffè decaffeinato.
Nell’ultima condizione, quella dell’effetto placebo, ai soggetti veniva somministrato un caffè decaffeinato, facendo credere ai soggetti che questo fosse un caffè normale.
I soggetti vennero poi sottoposti ad una serie di test che misuravano differenti funzioni cognitive.

Confrontando i risultati non si riscontrarono differenze nel rendimento dei soggetti che avevano assunto caffeina o glucosio, rispetto a chi non aveva assunto queste sostanze.

Risultarono però influenti sulla prestazione altre differenze individuali, quali abitudini di vita, stati d’animo, tratti psicologici, tipo di metabolismo.
Altro risultato interessante è che i soggetti che avevano assunto caffeina o placebo, avevano la sensazione soggettiva di fare un risultato migliore anche se non era vero. Quindi, secondo questi ricercatori… il caffè non ci rende più efficienti, ci fa solo credere di esserlo!

Studi futuri valuteranno più approfonditamente come agisce questo meccanismo psicologico.

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Ci piace credere che gli uomini siano animali razionali, eppure una moltitudine di pensieri e comportamenti non vanno in questa direzione. Quale legame logico dovrebbe esistere tra l’incrociare le dita quando si esprime un desiderio e il suo avverarsi? Con quale potere il portafortuna che portiamo a scuola può effettivamente farci prendere un bel voto? Di fatto, pensieri e comportamenti superstiziosi invadono il nostro quotidiano, e difficilmente riusciamo a separarcene.

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i pantaloncini “portafortuna” di Michael Jordan

È già noto come le persone siano maggiormente inclini all’uso di superstizioni quando vivono situazioni di incertezza, alti livelli di stress e bassa percezione di controllo sulla situazione. Ed è proprio in queste circostanze che la performance di una persona è importante. Non a caso, è facile trovare degli esempi in ambito sportivo. Durante tutta la sua carriera, Michael Jordan sotto l’uniforme dei Chicago Bulls ha sempre indossato, come portafortuna, i pantaloncini risalenti ai tempi della University of North Carolina. La tennista Serena Williams ha invece ammesso di aver indossato lo stesso paio di calzini durante un intero torneo.

Se da un lato le superstizioni sono delle creazioni irrazionali della nostra mente, dall’altro esse possono effettivamente portare ad un miglioramento nella performance. Ma perché?

I ricercatori hanno ipotizzato che attuare dei comportamenti superstiziosi abbassi la tensione psicologica e crei una sensazione di controllo e prevedibilità in un ambiente altrimenti percepito come caotico.
Ricerche condotte sul legame esistente tra prestazione e superstizione suggeriscono come un ruolo importante nel trasformare questi pensieri, apparentemente irrazionali, in benefici direttamente riconoscibili, sia dovuto alla percezione di autoefficacia che la persona prova quando ha con sé un portafortuna o esegue riti scaramantici. Il senso di auto-efficacia consiste nella percezione che una persona ha della propria capacità di riuscire ad affrontare con successo il particolare compito che ha di fronte.

cornetti
amuleti: aumentano la sensazione di “autoefficacia”

In sostanza, più le persone credono nella buona sorte e più sono ottimiste, speranzose e fiduciose in sé stesse; ovvero, più siamo fiduciosi nelle nostre abilità di padroneggiare una certa attività e migliore è il modo in cui la svolgeremo.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Colonia, sulla base di queste conoscenze ha verificato in condizioni di laboratorio controllate come l’attivazione di superstizioni (incrociare le dita, eseguire un compito con un oggetto presentato come fortunato o con il proprio portafortuna) provochino realmente una miglior prestazione in compiti di destrezza motoria, di risoluzione di anagrammi e di memoria, rispetto a condizioni in cui questi portafortuna non accompagnavano le persone durante l’esecuzione del compito.
Lo stesso gruppo di ricerca ha poi dimostrato come questi innalzamenti nella performance siano mediati da un aumento nell’autoefficacia percepita dalla persona qualora sia in presenza del suo oggetto portafortuna o sia stata attivato il pensiero o comportamento superstizioso. In particolare, due sono i meccanismi che consentono alle persone con alti livelli di autoefficacia percepita di avere delle prestazioni migliori: la loro tendenza a fissare degli obiettivi più elevati ed a perseverare più a lungo nei compiti intrapresi.

Ma questi benefici riscontarti in un ambiente di laboratorio, possono estendersi anche nella vita reale?
Una risposta affermativa deriva da studi in ambito sportivo: le migliori squadre, così come i migliori giocatori all’interno di una squadra, esibiscono un maggior numero di comportamenti superstiziosi.
(Buhrmann e Zaugg,1981).

Le scoperte qui presentate aiutano a capire perché pensieri e comportamenti superstiziosi si siano mantenuti nel corso dei secoli nelle diverse culture. Il constatare che effettivamente avere con sé il proprio portafortuna porti ad un successo nella situazione da affrontare, seppur senza una piena consapevolezza del motivo per cui ciò sia possibile, porta le persone a non voler abbandonare queste pratiche.
Inoltre, per quanto riguarda le prestazioni veramente eccezionali, queste scoperte suggeriscono che potrebbe essere stata una equilibrata combinazione tra talento, duro allenamento e “pantaloncini portafortuna” ad aver condotto Michael Jordan a raggiungere gli straordinari risultati a cui è giunto.

Articolo originale:
Lysann Damisch, Barbara Stoberock, and Thomas Mussweiler. Keep Your Fingers Crossed! How Superstition Improves Performance. Psychological Science 21(7) 1014–1020, 2010. 


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