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L’emotional eating, detto anche fame nervosa o fame emotiva, corrisponde ad un aumento dell’assunzione di cibo in risposta ad emozioni negative come ansia, stress, rabbia, tristezza. Molto spesso si verifica in presenza di una situazione di disagio, con un comportamento alimentare automatico o distratto in cui la persona non smette di mangiare in risposta al senso di sazietà.




L’iperalimentazione emotiva viene utilizzata per gestire e tentare di cancellare emozioni dolorose ed attenuare le preoccupazioni ma, paradossalmente, la persona che mangia per sentirsi meglio poi finisce con il sentirsi in colpa per aver mangiato.

Questo comportamento è molto frequente in persone obese ed è il risultato di esperienze, ancora in età precoce, in cui la persona ha appreso a gestire problemi psicologici attraverso il cibo. A causa di queste esperienze di apprendimento, alcune persone potrebbero aver sviluppato una scarsa abilità nel distinguere ed identificare con precisione le emozioni e le sensazioni viscerali associate alla fame ed alla sazietà (ovvero una cosiddetta “inconsapevolezza enterocettiva”). Numerose ricerche confermano che l’inconsapevolezza enterocettiva è associata in maniera consistente all’alessitimia, un disturbo che comprende la difficoltà ad identificare i sentimenti e a distinguerli dalle sensazioni corporee che accompagnano le emozioni, insieme a difficoltà nel comunicare i propri sentimenti agli altri.



Sia alessitimia che emotional eating svolgono un ruolo rilevante nei disturbi dell’alimentazione, ed in modo particolare negli individui in forte sovrappeso. Negli ultimi anni infatti la ricerca sui disturbi alimentari ha rivolto un particolare interesse alla relazione esistente tra alessitimia e fame nervosa.
In particolare, uno studio olandese ha cercato di capre se esistano differenze di genere in questo ambito: alessitimia ed emotional eating funzionano allo stesso modo negli uomini e nelle donne obesi?

Secondo questa ricerca, alessitimia ed emotional eating sono in relazione tra di loro, ma il tipo di relazione varia tra uomini e donne obesi. Nei primi infatti l’alessitimia è maggiormente associata a comportamenti di iperalimentazione emotiva: in quegli uomini che hanno una maggiore difficoltà nell’identificare e descrivere i propri sentimenti si rilevano con maggior frequenza comportamenti di iperalimentazione emotiva. Nelle donne invece, l’emotional eating non sembra essere influenzato dalla capacità di identificare ed esprimere correttamente le proprie emozoni. Piuttosto, in esse la “fame nervosa” sembra maggiormente associata a sintomi depressivi, associazione che non si rileva in ugual misura negli uomini.
In pratica, le donne obese mangiano di più quando sono tristi, mentre negli uomini obesi la fame emotiva sembra più legata all’incapacità di riconoscere correttamente le proprie emozioni.

Queste scoperte hanno delle importanti implicazioni a livello di intervento clinico. Nel caso di persone in sovrappeso possono essere delineate terapie che tengano in considerazione le differenze di genere nell’emotional eating. Più specificamente, gli interventi nel caso di uomini, piuttosto che con le donne, devono focalizzarsi anche sull’apprendimento di abilità che consentano alla persona di saper identificare e descrivere i propri sentimenti: intervenendo sulle caratteristiche principali dell’alesitimia si favorisce al contempo una diminuzione degli episodi di iperalimentazione emotiva.

Articolo originale:
Larsen et al. Gender differences in the association between alexithymia and emotional eating in obese individuals. J Psychosom Res. 2006 Mar;60(3):237-43

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Il rapporto sessuale attraversa diverse fasi: inizia dal desiderio, si trasforma in eccitazione e piacere, e culmina nell’orgasmo. L’orgasmo viene definito come un’emozione estrema, paragonabile a una scarica di energia e tensione, seguita da un profondo stato di rilassamento, definito “fase di risoluzione”. La fase dell’orgasmo consiste infatti nel picco del piacere fisico e mentale, cui segue una diminuzione della tensione fino al totale rilassamento, dato da contrazioni ritmiche dei muscoli perineali e degli organi riproduttivi.
Come per le altre fasi del rapporto sessuale, anche per l’orgasmo esistono disturbi che colpiscono sia gli uomini che le donne.

DISTURBO DELL’ORGASMO MASCHILE

Negli uomini l’orgasmo coincide con l’’eiaculazione: per questo il disturbo dell’orgasmo maschile si presenta come un ritardo nell’eiaculazione. Nonostante una buona risposta agli stimoli sessuali e un buon mantenimento dell’erezione, in presenza di tale disturbo l’uomo non riesce ad innescare il riflesso orgasmico. Di solito il disturbo si presenta durante il coito ma non durante la masturbazione o con altre fonti di stimolazione. Un ritardo dell’eiaculazione può essere un fenomeno normale se si presenta sporadicamente, ma se si associa all’ansia da prestazione, tende a presentarsi più frequentemente fino a diventare un vero e proprio disturbo permanente. Per l’uomo infatti l’efficienza sessuale è uno degli elementi che concorrono alla costruzione di una soddisfacente immagine di sé, che viene minata quando la propria prestazione fallisce a causa della paura di non essere all’altezza delle aspettative della partner o di non riuscire a terminare la prestazione.
Le cause dell’eiaculazione ritardata sono sia mediche che psicologiche. Tra le cause mediche abbiamo malattie cardiovascolari, lesioni spinali, uso di psicofarmaci o di sostanze stupefacenti.
Tra le cause psicologiche, il disturbo è riconducibile ai seguenti fattori:
Educazione familiare e/o religiosa rigida e sessuofobica: convinzioni che complicano il rapporto con il proprio corpo, con la propria sessualità e con il sesso in genere;
Ansia da prestazione: è il fattore più frequente, anche se in genere è un effetto secondario e non la causa primaria del problema;
Desiderio eccessivo di compiacere il/la partner, caratterizzato da pensieri automatici ed errate convinzioni riguardo il proprio ruolo. Es: “Un vero uomo deve durare molto tempo per soddisfare sessualmente una donna”;
Paura (più o meno consapevole) di mettere incinta la partner;
Traumi relativi alla sfera sessuale;
– Caratteristiche di personalità come bassa autostima, ipercontrollo.
Problematiche nel rapporto di coppia: mancanza di fiducia, mancanza di calore nella relazione, rabbia o ostilità repressa nei confronti del partner;
Depressione.

DISTURBO DELL’ORGASMO FEMMINILE

Il disturbo dell’orgasmo femminile viene chiamato anche anorgasmia: si tratta di una condizione clinica che impedisce alla donna di arrivare al piacere durante l’atto sessuale, nonostante adeguate manovre di eccitazione. Anche per le donne le cause del disturbo possono essere sia mediche che psicologiche. Tra le cause mediche abbiamo malattie ormonali, lesioni del midollo spinale, uso di antidepressivi e abuso di sostanze. Tra le cause psicologiche troviamo:
Traumi sessuali pregressi: abuso sessuale e/o fisico, aborto;
Educazione familiare e/o religiosa rigida e sessuofobica;
Informazione sessuale inadeguata: aspettative erronee o negative riguardo al rapporto sessuale;
Timore di perdere il controllo: la paura di dire o fare qualcosa di sconveniente, di lasciarsi andare, di apparire al partner in modo diverso, non favorisce il rilassamento e lo stato di abbandono necessario per sperimentare l’orgasmo;
Scarsa conoscenza della propria sessualità e del proprio corpo;
Inadeguato rapporto con il partner: la scarsa intimità e/o l’alta conflittualità sfociano in una maggiore rigidità durante i rapporti, soprattutto in presenza di nuovi partner;
Ansia da prestazione: la donna insegue continuamente l’orgasmo come dimostrazione di normalità o di amore per il partner, così che l’ansia finisce per inibire l’orgasmo e mantenere il disturbo;
Depressione.
Il disturbo può essere infine dovuto ad erronee convinzioni riguardanti la natura dell’orgasmo: esiste infatti la falsa credenza che l’orgasmo vaginale sia quello più maturo ed appagante rispetto a quello clitorideo; perciò alcune donne che non riescono a raggiungerlo tendono a sentirsi inadeguate, con conseguente disagio e senso di colpa.

TRATTAMENTO PSICOLOGICO

Una volta escluse le cause di natura medica, il trattamento si concentra sugli aspetti psicologici, attraverso vari approcci:
Psicoeducazione: aumento della conoscenza dell’anatomia sessuale e del ciclo di risposta sessuale, miglioramento della consapevolezza del proprio corpo, comprensione dei fattori fisiologici e psicologici coinvolti nel rapporto sessuale, esame delle credenze e dei miti comuni inerenti il sesso;
Training per la riduzione dell’ansia mediante tecniche di rilassamento;
Training di abilità sessuali;
Tecniche di sensibilizzazione focalizzata: la donna, da sola o insieme al partner, impara a toccarsi nel modo che preferisce al fine di raggiungere l’orgasmo;
Ristrutturazione cognitiva – messa in discussione delle erronee attribuzioni più o meno consapevoli che non permettono di godere appieno dell’esperienza sessuale;
Miglioramento della comunicazione e dei rapporti interpersonali all’interno della coppia – durante l’attività sessuale e al di fuori di essa;
Terapia di coppia (se necessaria): eliminare rabbia, rancori, conflitti o altre problematiche all’interno della coppia che non permettono una buona vicinanza fisica e/o emotiva;



Quello della sessualità è un bisogno fondamentale dell’essere umano, caratterizzato da varie componenti. Un ruolo importante viene rivestito dall’eccitazione, un’emozione simile al desiderio ma che coinvolge le sensazioni corporee. L’eccitamento sessuale si configura come una percezione, sia mentale che fisica, di cambiamenti che portano all’attivazione sessuale: infatti l’eccitazione nasce dal desiderio, prepara all’orgasmo e produce un’attivazione generale dell’organismo corrispondente a un vissuto soggettivo del piacere sessuale.

I disturbi dell’eccitazione sono piuttosto frequenti in entrambi i sessi: si parla di disturbo dell’eccitazione femminile (per le donne) e di disturbo dell’erezione (per gli uomini). Il disturbo può presentarsi in momenti e con cause differenti: può dipendere dal tipo di partner, dalla qualità della relazione o da fattori psicologici personali.

Come si presenta il disturbo?

 Nel disturbo dell’eccitazione femminile, la donna presenta una persistente o ricorrente incapacità di raggiungere o mantenere, fino al completamento dell’attività sessuale, un’adeguata risposta psicofisiologica di eccitazione sessuale con lubrificazione-tumescenza (gonfiore) vaginale, legata all’eccitazione stessa. In alcuni casi la mancanza di eccitazione è accompagnata da dolore nel corso del rapporto sessuale, per cui la donna può cominciare ad evitare il contatto sessuale con il partner. Nell’uomo, invece, il disturbo dell’erezione si presenta come una persistente o ricorrente impossibilità a raggiungere o a mantenere un’erezione adeguata fino al completamento dell’attività sessuale. La frequenza del disturbo aumenta regolarmente con l’avanzare dell’età, ma può colpire anche uomini giovani.

 

 Quali sono le cause?

Il disturbo dell’eccitazione femminile è riconducibile a varie cause, tra cui:

– scarso tono dei muscoli perivaginali (soprattutto pubo-coccigei), che conferiscono un’assenza di sensibilità comportando difficoltà di eccitamento e dell’orgasmo;

– mancanza di fantasie sessuali, o fobie sessuali specifiche,

– problemi ormonali e menopausa;  

-scarse abilità sessuali e comunicative della coppia.

Anche le cause della disfunzione erettile possono essere sia organiche (dipendenti da alcune condizioni mediche quali problemi cardiovascolari o utilizzo di antidepressivi) che psicologiche. Un “esame” preliminare per verificare a quale delle due cause ricondurre il problema consiste nel valutare la presenza di eventuali erezioni spontanee durante la notte e/o al risveglio, oppure raggiunte durante la masturbazione o con una stimolazione mentale (fantasie). Se in queste situazioni non si presenta alcun problema, è molto probabile che vi sia un corretto funzionamento organico e che quindi le cause siano di natura psicologica e/o relazionali. le cause psicologiche più frequenti sono:

emozioni negative come depressione, rabbia e risentimento;

difficoltà a gestire l’ansia, soprattutto quella “da prestazione”; caratterizzata dalla paura di non riuscire a soddisfare le aspettative della propria partner. Questi pensieri di fallimento potrebbero provocare degli insuccessi nei rapporti successivi, creando quindi un circolo vizioso;

– sviluppo del timore dell’abbandono o di non essere amato a causa di una probabile performance deludente;

In entrambi i sessi possiamo trovare anche le seguenti cause:

– incapacità di abbandonarsi alle proprie sensazioni corporee, spesso dovute ad un’educazione sessuale rigida e sessuofobica o altamente religiosa e a informazioni erronee;

– presenza di pensieri stereotipati riguardo il sesso, come per esempio: “l’uomo deve concentrarsi sulla prestazione e non sul sentimento”, “negli anziani il sesso non è più importante”, “ è l’uomo che deve prendere l’iniziativa”;

problemi relazionali come la fiducia, capacità di stabilire relazioni intime, vicinanza e distanza emotiva.

conoscere l'anatomia e il funzionamento del proprio corpo è il primo passo per trovarci a proprio agio con esso.
conoscere l’anatomia e il funzionamento del proprio corpo è il primo passo per trovarci a proprio agio con esso.

Come faccio a superarlo?

Sia per gli uomini che per le donne, una volta escluse cause mediche, il disturbo può essere efficacemente trattato con una serie di approcci terapeutici. Tra questi abbiamo:

– la psicoeducazione, che permette di conoscere meglio il proprio e l’altrui corpo liberandosi da pensieri e attribuzioni erronee riguardo il sesso e il funzionamento degli organi sessuali;

esercizi di focalizzazione sensoriale, procedura mediante la quale si ricomincia a manifestare l’affetto per il contatto fisico;

– esercizi di stimolazione genitale e/o uso di vibratori (per la donna), o utilizzo di creme lubrificanti;

training della comunicazione: facilitare la comunicazione generale e sessuale tra i partner;

interventi interpersonali: trattamento di problemi e conflitti quali l’intimità, la fiducia, la perdita dell’attrazione, i cambiamenti di status all’interno della coppia (ad es. in seguito ad un licenziamento);

tecniche di gestione dell’ansia, soprattutto in caso di impotenza;

terapia cognitivo-comportamentale: ristrutturazione cognitiva degli atteggiamenti, dei modi di pensare e delle convinzioni disfunzionali riguardanti il sesso che producono aspettative irrealistiche; e dei condizionamenti sessuali (miti sessuali).



Il vaginismo rappresenta un’alterazione del normale comportamento sessuale femminile. Si tratta di un problema più diffuso di quanto non si creda, ma spesso è difficile per la donna o per la coppia affrontarlo, per il timore che si tratti di qualcosa di imbarazzante e del quale è meglio non parlare.

 

vaginismo2In cosa consiste il vaginismo?

Il vaginismo è una reazione automatica di contrazione dei muscoli vaginali che rende impossibile la penetrazione, sia durante l’atto sessuale che in altre situazioni (come la visita dal ginecologo o l’inserimento di assorbente interno); talvolta anche il solo pensiero della penetrazione può indurre la contrazione dei muscoli.

È importante ricordare che le donne che soffrono di vaginismo non hanno nessun difetto fisico a differenza di ciò che spesso si pensa ( “la mia vagina è piccola e stretta, è diversa da quella delle altre”; “essendo diversa dalle altre, non è fisicamente possibile che io venga penetrata”) e non sono nemmeno donne frigide o incapaci di amare ( ma anzi sono in grado di provare piacere e raggiungere l’orgasmo).

 

Da cosa riconosco se si tratta di vaginismo?

Nella maggior parte dei casi non si tratta di episodi isolati ma di contrazioni e spasmi muscolari molto ricorrenti e avere un rapporto sessuale diventa praticamente impossibile.

Un altro modo per riconoscere il vaginismo è distinguere il dolore che si prova durante i tentativi di penetrazione da quello dovuto a un’altra malattia: ad esempio se il dolore è causato da un’irritazione o un’infezione dell’organo sessuale (come la candida, la gardnerella o l’herpes) non si tratta di vaginismo e in questi casi è necessario rivolgersi a un medico per risolvere il problema.

Molto spesso il vaginismo non rappresenta solo una reazione fisica ma si accompagna a una vera e propria paura della penetrazione che può far vivere con grande disagio alcune situazioni personali e di coppia.

 

Da dove nasce la paura di essere penetrate?

Ovviamente il vaginismo non è un problema che riguarda tutte le donne, ma la paura o l’ansia della  penetrazione sono fenomeni piuttosto frequenti.

Questa paura nasce quando si associa la penetrazione a uno stimolo spiacevole o doloroso come un’esperienza frustrante, un forte senso di colpa dovuto a convinzioni personali e/o religiose (“non avrei dovuto fare sesso, è peccato”; “è una vergogna aprire le gambe di fronte a un estraneo anche fosse il ginecologo”) o un episodio traumatico (come la perdita della verginità o addirittura un abuso).

 

Conseguenze psicologiche: nonostante il vaginismo non influisca direttamente su molti aspetti della vita quotidiana e non comprometta eccessivamente la salute della persona, può rappresentare un vero e proprio disagio per chi lo vive, e come tale deve essere affrontato. Spesso le donne con vaginismo non conoscono a fondo questo problema e tendono a considerarsi colpevoli e frustrate perchè non riescono a vivere serenamente i propri rapporti sessuali (“è tutta colpa mia”; “che cosa ho che non va?”).

Anche un partner troppo brusco e frettoloso e che trascura le esigenze della propria compagna può incrementare la situazione di malessere associata al momento della penetrazione, rendendolo sempre più difficile da affrontare per la donna.

 

Come faccio a uscirne? Come posso aiutare la mia compagna?

Come appena detto, il sostegno delle persone vicine e specialmente del partner possono rappresentare un importante aiuto per una donna con vaginismo ed è quindi consigliabile adottare un atteggiamento comprensivo e non-colpevolizzante se ci si vuole veramente impegnare per cambiare la situazione.

( “non preoccuparti di questo problema, vedrai che insieme lo risolveremo!”; “non è colpa tua, non sei da sola”; “so che può imbarazzarti parlarne ma se vuoi farlo a me fa piacere”)

Oltre a questi interventi “in piccolo”, ma comunque utili, è importante aiutare la propria partner a rendersi conto di avere un problema, che può essere affrontato e risolto con l’aiuto di uno psicoterapeuta.

 

Quali soluzioni sono disponibili? 

Psicoterapia cognitivo-comportamentale: questa terapia si concentra su alcuni pensieri che una persona può essersi fatta circa il vaginismo e sulla sua paura della penetrazione per aiutarla ad affrontare l’atto sessuale come un momento naturale in cui la vagina riesce ad adattarsi al pene senza problemi, senza viverla più come un evento traumatico. Esistono esercizi (anche in varianti più “giocose” e creative) in cui si insegna alla persona a familiarizzare poco alla volta con la penetrazione tramite un training iniziale per imparare a rilassarsi sia a livello generale che nello specifico a livello di muscolatura vaginale, poi si aiuta la persona ad affrontare la penetrazione vera e propria attraverso un’esposizione graduale. È molto importante che in questi passaggi vengano rispettati i tempi e le esigenze della donna, è un processo che non va forzato ma in cui va lasciato pieno controllo alla donna che deve sentirsi in grado di padroneggiare ogni piccolo passo avanti che è riuscita a fare.

 

Psicoterapia di coppia: qualora nella coppia fossero presenti delle difficoltà, queste potrebbero non solo costituire la causa del vaginismo ma potrebbero diventare anche un ostacolo al superamento del problema. È importante perciò che, oltre a concentrarsi sul problema dal punto di vista sessuale, anche la relazione venga affrontata per superare eventuali difficoltàdi coppia.


Mentecomportamento | Associazione di psicoterapeuti cognitivo-comportamentali


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