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Ci siamo mai chiesti perché più insistiamo a ripetere le regole meno ascolto otteniamo dai nostri bambini? E se fosse meglio dire le cose una volta in modo chiaro piuttosto che ritornare sempre sullo stesso argomento? Certo, la comunicazione è un aspetto fondamentale del rapporto tra genitori e figli ma certe volte è meglio risparmiare le parole e dimostrare ai nostri figli con le azioni ciò che a parole non riusciamo a dire. Ecco spiegati i passi per rendere i nostri gesti più efficaci di mille parole:

1-Fare una pausa quando si esagera. Quando i bambini sono sovreccitati capita spesso che infrangano qualche regola: sono talmente presi dalle loro attività da dimenticarsi del resto del mondo. Piuttosto che fare la ramanzina riguardo ciò che va fatto o non va fatto, imponiamo ai nostri bambini una tregua durante la quale possano calmarsi e capire ciò che il genitore sta dicendo. Non si tratta di lunghe punizioni ma di pause di 5-10 minuti e quando il bambino sarà tornato tranquillo potrà ricominciare a svolgere le sue attività; altrimenti la pausa viene prolungata. Si potrebbe spiegare loro dicendo “stai diventando aggressivo con i tuoi compagni, entriamo in casa per cinque minuti e quando ti sei calmato torniamo fuori a giocare”.

2- Non premiare il comportamento scorretto. Non si tratta di ricompense esplicite ma a volte anche la semplice attenzione della mamma e del papà può rappresentare un incentivo per il bambino a comportarsi in un determinato modo. Anche le punizioni devono essere pensate in base al proprio figlio affinchè siano davvero efficaci: a nulla serve proibire le uscite se nostro figlio è di natura pigro e ama starsene chiuso in camera, finiremmo solo per incoraggiare il suo comportamento scorretto. Senza essere troppo duri bisogna trasmettere il messaggio che comportamenti sgradevoli hanno conseguenze sgradevoli.

bambini regole mentecomportamento3- Evitate di ripetervi. Se i nostri figli non ci danno retta alla prima o seconda volta che stiamo dicendo loro qualcosa è molto improbabile che lo faranno alla terza volta. Se voi continuate a ripetere sempre le stesse cose e loro continuano a non darvi retta i bambini impareranno che le regole possono essere infrante e che il volere dei genitori non è poi così importante. Piuttosto che insistere nel chiedere di spegnere la televisione, sarebbe meglio agire direttamente prendendo il telecomando e spegnendo la tv. Se riuscite a motivare il vostro comportamento non solo riuscirete a ottenere ciò che stavate chiedendo ma aiuterete vostro figlio a capire il perché lo chiedete, ad esempio “spegni la televisione altrimenti non riesco a concentrarmi sul lavoro che devo finire”.

4- Basta lamentele. Anche gli adulti, specialmente quando sono stanchi, tendono a lamentarsi dimenticando gli effetti negativi che la lamentela ha sui bambini: innanzitutto la lamentela rappresenta una costante critica e valutazione del bambino, inoltre così facendo suggeriamo al bambino che è lecito lamentarsi. I bambini imparano così a lamentarsi e le loro lamentele sono talmente persistenti ed estenuanti che molti genitori preferiscono arrendervisi piuttosto che opporsi, ottenendo come risultato un aumento delle lamentele da parte del bambino.

5- Cercate di essere più chiari possibile. I nostri bambini hanno bisogno di regole certe e immutabili, così come di premi e punizioni giusti e calibrati. Cambiare atteggiamento, essere incerti nel fornire indicazioni e mandare messaggi contraddittori rappresentano comportamenti che confondono il bambino e non portano i risultati sperati. Molti genitori provano senso di colpa nell’aver messo il figlio in punizione ma il tornare sui propri passi rappresenta più un danno che un vantaggio per il bambino perché non insegnerà mai che i limiti esistono per essere rispettati, che non rappresentano un capriccio dei genitori ma che vengono imposti per valide ragioni.

 

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A bambini ed adolescenti può accadere di attraversare periodi di grande difficoltà, in cui si nota una marcata perdita d’interesse e di piacere nelle attività, perfino in quelle che il bambino trovava piacevoli e divertenti (“Non ho voglia di niente”). Si ha un calo della stima di se stessi, un senso svalutazione (“Sono sbagliato”) e sentimenti di colpa o di vergogna nei propri confronti, (“I miei genitori non mi vogliono bene”, “I miei amici non mi apprezzano”). Questo insieme di pensieri e comportamenti rivela come il bambino/ragazzo stia affrontando un periodo di depressione, in cui si sente triste per la maggior parte del giorno. Alcuni bambini/ragazzi reagiscono diventando irrequieti e irritabili, mentre altri sembrano apatici e indifferenti alla maggior parte delle cose. Nei casi più gravi possono comparire anche pensieri di disperazione e di suicidio (“Non ha senso vivere se bisogna soffrire cosi”). Approfondisci



Questo tipo di approccio è ad oggi considerato dalla comunità scientifica internazionale come il più indicato nei problemi psicologici in età evolutiva, poiché quando è stato testato in confronto ad altri tipi di approcci si è rivelato il più efficace.

Secondo l’approccio cognitivo comportamentale è importante concentrarsi sui problemi attuali del bambino o del ragazzo, cercando di comprenderli su tre piani:

  • Cognitivo: cioè quali sono i pensieri che generano disagio.
  • Comportamentale: cioè quali comportamenti inadeguati vengono messi in atto.
  • Fisiologico: cioè quali sono le reazioni somatiche associate.

Per una maggiore chiarezza riportiamo un esempio. Immaginiamo di avere un bambino che frequenta la prima elementare e da alcuni giorni non vuole andare a scuola. Quando questo bambino si sveglia e si prepara per andare a scuola cosa succede?

  • Cognitivo: Il bambino potrebbe pensare “A scuola mi faranno fare delle cose difficili che non so fare”, “Se non so rispondere ad una domanda della maestra i miei compagni diranno che sono stupido”.
  • Comportamentale: Il bambino potrebbe opporsi al voler andare a scuola piangendo, dicendo che sta male e così via. Insomma fare di tutto per evitare una situazione che a lui fa’ molta paura.
  • Fisiologico: La paura della scuola può causare in lui delle reazioni somatiche come nausea, vomito, mani sudate e così via.

Il problema pertanto deve essere compreso nella sua totalità, su tutti e tre i piani e non fermandosi al fatto che il bambino non vuole andare a scuola (comportamento). Una volta compreso il problema è facile capire come questo bambino abbia associato alla scuola una serie di pensieri e di sensazioni spiacevoli che cerca di evitare. L’approccio cognitivo comportamentale lavora su tutti e tre i piani.

  • Cognitivo: Lavorare su pensieri significa riflettere su alcune convinzioni del bambino. Per esempio, è vero che se un bambino non sa rispondere ad una domanda allora vuol dire che è stupido?
  • Comportamentale: Il bambino deve imparare a riavvicinarsi gradualmente alla scuola fino a tornare a frequentarla regolarmente.
  • Fisiologico: Delle semplici tecniche di rilassamento possono aiutare a ridurre o eliminare tutte le reazioni somatiche associate alla paura.

Di seguito proponiamo il link ad un breve filmato relativo ad un convegno sull’approccio cognitivo comportamentale nella scuola.

http://www.youtube.com/watch?v=Eg3fjiaNOao


Mentecomportamento | Associazione di psicoterapeuti cognitivo-comportamentali


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