Quant'è difficile mettersi nei panni altrui!

Sally depone una barra di cioccolato nella scatola e esce dalla stanza. Ann entra nella stanza e sposta il cioccolato di Sally nel cesto. Poi Sally rientra. Dove andrà a cercare il suo cioccolato?

sally ann test teorie della menteI bambini piccoli avranno molta difficoltà a rispondere al quesito, e nel farlo si baseranno sulle loro conoscenze, piuttosto che su quelle di Sally. Dunque risponderanno che Sally molto probabilmente andrà alla ricerca della barretta nel cesto. Questo è un esempio della difficoltà che i bambini nel capire cosa possono pensare gli altri.

In ambito scientifico c’è un ampio dibattito sulla natura di tale incapacità. Alcuni studiosi suggeriscono sia una differenza di tipo qualitativo, che si acquisisce solo con lo sviluppo. Altri ipotizzano che questa si dovuta a una generale limitatezza delle abilità di memoria e di logica presenti nell’infanzia, piuttosto che ad una difficoltà di comprensione degli eventi che accadono.

 

Birch e Bloom (2003) affermano invece che questo errore sia dovuto a diversi fattori e sia presente anche negli adulti con il nome di curse of knowledge: quante volte di fronte alla nostra conoscenza della soluzione di un problema abbiamo sovrastimato la sua facilità nel risolverlo?

Questi ricercatori sostengono che questa difficoltà si presenti soprattutto nei bambini molto piccoli, che si manifesti anche in compiti che non coinvolgono direttamente il bias della falsa credenza, e che l’aiutarli a superare con successo la prova avrà enormi effetti su di loro.

Per provare ciò, a bambini dai 3 ai 5 anni vennero mostrati due giocattoli, uno, che si diceva, amico del pupazzo Percy, e un altro sconosciuto a Percy. Inoltre veniva detto loro che entrambi i giocattoli avevano un oggetto al suo interno, ma solo a metà dei partecipanti fu mostrato qual era l’oggetto effettivamente contenuto. La domanda che gli sperimentatori rivolsero loro fu: Percy sa che oggetto è contenuto nei due giocattoli? Il pupazzo Percy non poteva sapere quale fosse il contenuto del giocattolo a lui sconosciuto ma solo di quello del giocattolo a lui familiare. Tuttavia i bambini, a causa dell’errore avrebbero (secondo l’ipotesi) esteso la loro conoscenza anche al giocattolo sconosciuto a Percy, non immedesimandosi perciò in lui. Questo sarebbe successo quando essi avessero avuto la possibilità di vedere effettivamente gli oggetti che i due giocattoli contenevano.

I risultati confermarono l’ipotesi. I bambini di 3 anni tendevano ad attribuire a Percy la conoscenza dell’oggetto nel giocattolo sconosciuto solo quando essi avevano avuto la possibilità di vederlo e non quando ne erano all’oscuro pure loro. Quindi tendevano a sbagliare solo quando indotti a farlo a causa del loro bias. Nei bambini di cinque anni tale fenomeno non si presentava più.

Questo effetto sembra essere in accordo con la teoria di Piaget, la quale afferma che i bambini hanno difficoltà nell’assumere prospettive diverse dalla loro. In realtà l’errore non deriva dall’egocentrismo infantile: i bambini testati non avevano difficoltà ad assumere qualsiasi prospettiva, ma semplicemente quella di colui che ne sapeva di meno.

Insomma, la ricerca dimostra come i bambini piccoli sono particolarmente suscettibili al curse-of-knowledge bias identificato anche negli adulti e questo li porta a produrre degli errori nell’attribuzione degli stati mentali.

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Bibliografia

Children are Cursed: An Asymmetric Bias in Mental-State Attribution, Psychological Science, 2003, 283-285

Mentecomportamento | Associazione di psicoterapeuti cognitivo-comportamentali


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